Assistere alla morte di un collega non può che lasciare il segno su un giovanissimo corridore che sta muovendo i primi passi tra i professionisti. Magnus Sheffield era dietro Gino Mäder quando lo svizzero, lo scorso 15 giugno, è caduto in un dirupo nella discesa dell’Albulapass, perdendo la vita.
Lo statunitense è riuscito a salvarsi, pur cadendo, ma lo shock emotivo è stato davvero grande, tanto che da quel terribile giorno non è mai tornato sull’argomento. Solo tanti mesi dopo, riprendendo a correre e preparando la nuova stagione, Sheffield ha avuto modo di parlare di quanto successo e di come stia cercando di dimenticare la tragedia.
“Di quel giorno ricordo tutto“, ha detto Sheffield, impegnato la scorsa settimana alla Volta ao Algarve, dove ha anche conquistato un secondo posto nella cronometro alle spalle di uno scatenato Evenepoel. Un piazzamento che lo ha aiutato ad andare avanti.
Come detto, precedentemente, l’americano è tornato sull’accaduto, ripercorrendo quei secondi terribili di discesa e quella curva che ci ha portato via Gino Mäder. Sheffield che si è salvato cadendo dieci metri più in alto dello svizzero, è stato presto trasportato d’urgenza all’ospedale, subendo diverse abrasioni e una commozione cerebrale, ma rimanendo sempre cosciente.
“Il ritiro invernale di Denia e la Volta ao Algarve, mi hanno messo tranquillità e grande motivazioni. Ho cercato di trarre dei benefici da questi mesi lontano dalle gare per stare con la mia famiglia, lontano dalla routine quotidiana di allenamenti, gare e recupero. Ho imparato molto di me stesso e ho potuto rielaborare quanto successo al Giro di Svizzera“, ha detto Sheffield in un comunicato apparso sul sito della Ineos Grenadiers.
“Non ho mai detto nulla pubblicamente, ora sono passati otto mesi e sono più sereno. Ricordo tutto di quel giorno, anche quando mi svegliai la mattina dopo l’operazione. Ebbi una grave commozione cerebrale e tante volte perdevo conoscenza. Sono finito nel dirupo e non sapevo cosa stava accadendo, ero confuso. Guardavo gli splendidi paesaggi alpini e sentivo il rumore degli elicotteri in cielo”.
Sheffield era convinto che non ci fossero altri corridori finiti a terra. “Solo dopo essere stato portato via da lì, mi dissero che Gino era stato portato all’ospedale. Dopo il fatto mi chiedevano se avessi realmente voluto tornare a correre e se fossi tornato lo stesso di prima. Sinceramente non lo sapevo neppure io”.
Lo statunitense non nasconde le difficoltà. “Per superare le lunghe settimane di convalescenza guardavo foto e trofei conquistati da bambino, così che potevo ricordare tutti i sacrifici fatti per arrivare fino a lì. Mi sono reso conto di quanto fragile sia la vita e quando sono tornato a settembre al Tour of Britain, mi sentivo una persona nuova. Sono fortunato ad essere vivo“.